domenica 17 ottobre 2010
La sentenza della Corte Costituzionale apre nuove prospettive di tutela
giovedì 5 agosto 2010
Welcome To The Hotel California
Giovedì 05 Agosto 2010
MATRIMONIO GAY. CALIFORNIA, DIVIETO E' INCOSTITUZIONALE:
INCAPACITA' DELLA POLITICA OBBLIGA INTERVENTO MAGISTRATURA.
Commento alla sentenza del tribunale californiano
che ha stabilito incostituzionalità del divieto alle nozze gay.
Il giudice federale della California Vaughn R. Walker con la sentenza pronunciata ieri s'è espresso contro il divieto ai matrimoni gay, sancito tramite il referendum noto come "Proposition 8". Il referendum era stato promosso da una coalizione di confessioni religiose.
Secondo il giudice Walker, impedire agli omosessuali di sposarsi è discriminatorio. La Proposition 8, si legge nel pronunciamento, è "incostituzionale" e non fornisce al divieto "alcuna base razionale", ma si limita ad affermare perentoriamente che "le coppie eterosessuali sono superiori alle coppie omosessuali". "La sola disapprovazione morale è una base impropria per negare diritti a omosessuali e lesbiche", continua il giudice, che aggiunge: "è evidente che le concezioni morali e religiose sono l'unica base per credere che le coppie dello stesso sesso siano diverse da quelle eterosessuali". Come dire: uno stato di diritto non può farle proprie.
Walker, rilevando che l’opposizione ai matrimoni gay ha una forte motivazione religiosa, afferma di contro che "l'interesse di uno Stato nel momento in cui mette in atto una norma deve essere per sua stessa natura laico" e che "lo Stato non ha interesse nel rafforzare le credenze morali o religiose senza che ciò sia accompagnato da un proposito laico". Vietare i matrimoni gay è dunque "un artefatto di un tempo in cui i generi erano considerati come caratterizzati da diversi ruoli nella società e nel matrimonio", un tempo "che è passato", sottolinea Walker.
Ancora una volta - così come in Italia con la recente sentenza 138/2010 - l'incapacità della politica di legiferare laicamente a favore dell'uguaglianza di tutti i cittadini e le cittadine di fronte alla legge, sancita dalla nostra Costituzione, ha obbligato la magistratura a intervenire.
Il successo del movimento lgbt californiano è una notizia che scalda i cuori di speranza e le mani di voglia di fare, perché la battaglia per la parità dei diritti riparte con slancio lì dov'era iniziata. E' proprio il caso di esclamare il celebre verso della canzone degli Eagles: “Welcome To The Hotel California”.
lunedì 2 agosto 2010
LA RIVISTA "FAMIGLIA E DIRITTO" SUL MATRIMONIO GAY
ALLA SENTENZA DELLA CONSULTA:
NON È NECESSARIA REVISIONE COSTITUZIONALE
La più prestigiosa rivista italiana del settore, “Famiglia e diritto”,
pubblica nel numero corrente 07/2010 un commento alla sentenza 138/2010
Il commento della rivista “Famiglia e diritto”, la più prestigiosa edizione italiana del settore, a firma di Marco Gattuso, magistrato, fa il punto della situazione sulla questione dell’accesso al matrimonio civile per le persone omosessuali, dopo la sentenza della Corte Costituzionale.
I passaggi fondamentali del commento rappresentano altrettanti punti fondamentali per la lotta all’uguaglianza.
Così leggiamo che “la Corte compie un deciso passo in avanti, individuando nella “unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso”, una “formazione sociale” tutelata dall’art. 2 Cost.. Si configura dunque il diritto fondamentale al libero sviluppo della persona anche nell’ambito della coppia omosessuale”. La Corte infatti “annette una specifica rilevanza costituzionale alla stessa nozione giuridica di orientamento sessuale, universalmente intesa come orientamento verso persone dell’opposto o del proprio genere e con tale accezione già recepita dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali”.
La Corte declina il contenuto di tale diritto fondamentale rilevando che “a tale unione non spetta soltanto il diritto “di vivere liberamente una condizione di coppia” ma altresì “il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Si ha qui un passaggio di portata storica, che segna il superamento d’ogni concezione volta a consumare la vocazione liberale del sistema giuridico italiano nel mero rispetto della vita privata”.
Affermando che “in forza della Costituzione a tale comunità “spetta un riconoscimento giuridico” che “necessariamente” richiede una disciplina, la Consulta individua difatti una lacuna nella nostra legislazione e chiama il legislatore a colmarla”. “L’eventuale apertura del matrimonio implica scelte rimesse alla discrezionalità del legislatore”, che dunque ha piene possibilità d’azione.
“In tutta la motivazione, la Corte non introduce alcun elemento espressamente diretto a condizionare la discrezionalità del Legislatore, né sarebbe conforme alla sua pregressa giurisprudenza in materia familiare coartare, in un senso o nell’altro, la volontà parlamentare”.
“Dalla lettura della sentenza non emerge peraltro alcun argomento per sostenere che l’apertura del matrimonio violi diritti od interessi di terzi e della famiglia eterosessuale e che dunque si contrapponga alla ratio di garanzia della norma. Ne consegue che se al Legislatore ordinario è preclusa dall’art. 29 Cost. una normativa che limiti i diritti della famiglia, non deve ritenersi preclusa, invece, la ridefinizione per via legislativa della nozione di “matrimonio” in senso non limitativo ma, anzi, inclusivo”.
La Corte afferma altresì che “resta “riservata alla Corte Costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni” ove “sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza”. L’affermazione della sussistenza d’un diritto fondamentale conduce dunque ad assicurare tutela giuridica ogni qualvolta sia riscontrabile la necessità d’una eguale protezione”.
Quest’ultima affermazione della Corte “è di particolare impatto, posto che alla luce di tale indicazione, si dovrà ritenere che ogni giudice sia chiamato ad accertare di volta in volta se nella situazione data “sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo”, verificando preventivamente se il dispositivo favorevole alla coppia coniugata possa essere applicato anche alla coppia omosessuale”.
La sentenza della Corte, quindi, spalanca le porte alle via giudiziaria per l’ottenimento della piena uguaglianza, fatto, questo, tanto più importante quanto permane immobile il panorama politico italiano.
“È inoltre significativo che la Corte preannunci l’intenzione di porre a confronto la coppia omosessuale e la coppia “coniugata”. La notazione pare di particolare importanza, poiché sarebbe allora una mera petizione di principio negare un diritto riconosciuto alla coppia coniugale sul solo rilievo della mancanza del vincolo matrimoniale, venendosi a negare in radice proprio quella verifica in concreto postulata dalla Corte”.
“Appare a tale proposito d’un certo interesse che dalla lettura della sentenza, fatto salvo il mancato accesso all’istituto del matrimonio, la Corte non enunci alcuna disomogeneità ontologica tra affettività etero ed omosessuale”.
COMITATO "SÌ, LO VOGLIO!"
per il riconoscimento del diritto
al matrimonio civile alle persone omosessuali
Comunicato stampa
Giovedì 30 Luglio 2010
martedì 20 luglio 2010
Dopo la sentenza della Corte costituzionale il silenzio della politica
giovedì 15 luglio 2010
ARRIBA ARGENTINA!
ISTITUZIONI HANNO DELIBERATO LAICAMENTE,
NONOSTANTE LE INAUDITE PRESSIONI CLERICALI.
Enzo Cucco,Giuseppina La Delfa e Maurizio Cecconi, portavoci del Comitato,
in merito alla legge approvata questa notte dal Senato della Repubblica di Argentina.
“L’Argentina, paese dove il 91% della popolazione si dichiara cattolico, s’è convertito all’alba di oggi nel primo stato del Sudamerica – il decimo nel mondo – che riconosce alle persone omosessuali il diritto al matrimonio civile e, contestualmente, alle adozioni. Il dibattito finale al Senato della Repubblica, durato oltre 15 ore, è stato trasmesso interamente dalla televisione, rappresentando un modello di discussione democratica e di decisione laica. Infatti, nonostante le inaudite pressioni delle gerarchie della Chiesa Cattolica, arrivate persino ad organizzare manifestazioni di piazza che hanno creato tensione ed incidenti, le massime Istituzioni argentine hanno deliberato tenendo presente il principio comune di uguaglianza di fronte alla legge”, così Enzo Cucco, portavoce del Comitato “Sì, lo voglio!”.
Per Giuseppina La Delfa, portavoce del Comitato “Sì, lo voglio!”, “la decisione dell’Argentina rappresenta un passo in avanti storico. Come ha ricordato María Rachid, rappresentante della Federazione Argentina di Lesbiche, Gay, Bisessuali e Trans (FALGBT), l’acceso al matrimonio implica anche il riconoscimento di tutti quei diritti che al matrimonio sono legati. In particolare, quello alle adozioni. L’uguaglianza di fronte alla legge è la premessa indispensabile per raggiungere l’uguaglianza sociale”.
“Un giorno dopo l’anniversario della Rivoluzione Francese, che segnò la fine del potere dell’aristocrazia e del clero, l’Argentina ci regalo una conquista di civiltà, ottenuta con uno sforzo esemplare, grazie all’impegno del movimento LGBT argentino e alle posizioni laiche della maggioranza delle forze politiche”, così Maurizio Cecconi, portavoce del Comitato “Sì, lo voglio!”, che conclude: “Mentre in Argentina si apre ai matrimoni gay, in Italia siamo fermi alle esternazioni fascio-clericali di Giovanardi e del Governo Berlusconi. E’ tempo, anche per il nostro paese, di una nuova stagione di libertà e di profondo e radicale cambiamento”.
COMITATO "SÌ, LO VOGLIO!"
per il riconoscimento del diritto
al matrimonio civile alle persone omosessuali
Comunicato stampa
Giovedì 15 Luglio 2010
STEFANO RODOTA SU MATRIMONI GAY
Stefano Rodotà
la Repubblica, 15 luglio 2010
In tutto il mondo l’ agenda dei diritti si compone e si scompone. Si discute della libertà di espressione su Internet. I diritti dei migranti sono al centro di un importante intervento di Obama, mentre in Europa producono manifestazioni di xenofobia e razzismo che influenzano le elezioni nazionali. La crisi economica incide sui diritti dei lavoratori, impone condizioni che violano il principio del “decent work”, della dignità del lavoro. Le ultime notizie dall’ Islanda aggiungono un altro paese a quelli che già hanno riconosciuto il matrimonio omosessuale, mentre in Italia la comunità gay sta conoscendo inedite polemiche. A queste reagisce un esponente autorevole di questo mondo, Aurelio Mancuso, affermando che «di queste beghe la comunità non vuol sentire parlare, la comunità vuole diritti», aggiungendo che si tratta di una richiesta rivolta a tutte le forze politiche, senza distinzioni. Una mossa “politicista” o una giusta sollecitazione istituzionale? Il Parlamento italiano è inadempiente, ed è bene che sia richiamato ai suoi doveri. Con una recentissima sentenza, infatti, la Corte costituzionale ha ribadito la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali, poiché siamo di fonte ad una delle “formazioni sociali” di cui parla l’ articolo 2 della Costituzione. Da questa constatazione la Corte trae una conclusione importante: alle persone dello stesso sesso unite da una convivenza stabile «spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri». Sono parole impegnative: un “diritto fondamentale” attende il suo pieno riconoscimento.
Non è ammissibile, dunque, la disattenzione del Parlamento, perché in questo modo si privano le persone di diritti costituzionalmente garantiti. Qualcuno, al Senato e alla Camera, porrà con la dovuta durezza questa domandae chiederà che si riapra almeno la discussione sulle unioni di fatto? Ma la Corte va oltre. Pur ribadendo che l’ attuale disciplina costituzionale del matrimonio non permette di ricomprendere al suo interno la disciplina delle unioni omosessuali, fa due affermazioni rilevanti. La prima è di carattere generale. Si sottolinea che le norme attuali, che vincolano il matrimonio alla differenza di sesso, non possono essere superate attraverso una interpretazione dei giudici costituzionali. Questo vuol dire che, preclusa al giudice, la via del mutamento dell’ articolo della Costituzione sul matrimonio, per renderlo compatibile con le unioni omosessuali, potrebbe essere percorsa dal legislatore. Si può obiettare che una revisione costituzionale in una materia così scottante appare improbabile. E qui interviene la seconda affermazione, che mostra come non sia corretto prospettare una incompatibilità assoluta tra il modello del matrimonio tradizionale e quello dell’ unione omosessuale. È sempre la Corte che parla: «Può accadere che, in relazioni a ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale». Una barriera è caduta. Il Parlamento non potrà usare l’ argomento, utilizzato in passato, di un presunto obbligo di non creare “contiguità” tra disciplina del matrimonio e disciplina delle unioni di fatto. Proprio perché i giudici costituzionali sono stati guidati da tanta consapevolezza, ci si poteva aspettare una attenzione maggiore per il modo in cui il tema è affrontato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea. Qui si coglie una netta discontinuità.
Nell’ articolo 21 si vieta ogni discriminazione basata sulle tendenze sessuali. E, soprattutto, nell’ articolo 9 si stabilisce che «il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’ esercizio». La distinzione tra “il diritto di sposarsi” e quello “di costituire una famiglia” è stata introdotta proprio per consentire la costituzione legale di unioni distinte da quelle tra persone di sesso diverso, dunque anche quelle tra omosessuali. E il passo avanti rappresentato dalla Carta diventa ancor più evidente proprio se si fa un confronto con quel che dispone l’ articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’ uomo del 1950, dov’ è scritto che «uomini e donne hanno diritto di sposarsi e di costituire una famiglia secondo le leggi nazionali che disciplinano l’ esercizio di tale diritto». Confrontando questo articolo con quello della Carta, si colgono differenze sostanziali. Nella Carta scompare il riferimento ad “uomini e donne”. Non si parla di un unico “diritto di sposarsi e di costituire una famiglia”, ma si riconoscono due diritti distinti, quello di sposarsi e quello di costituire una famiglia. La conclusione è evidente. Nel quadro costituzionale europeo, al quale l’ Italia deve riferirsi, esistono ormai due categorie di unioni destinate a regolare i rapporti di vita tra le persone. Due categorie che hanno analoga rilevanza giuridica, e dunque medesima dignità: non è più possibile sostenere che esiste un principio riconosciuto – quello del tradizionale matrimonio tra eterosessuali – ed una eccezione (eventualmente) tollerata – quella delle unioni omosessuali. In un paese che onora la civiltà della discussione e rispetta i diritti delle persone, queste dovrebbero essere le linee guida per il legislatore. Poiché, invece, questi temi sono ormai oggetto della prepotenza ideologica di chi vuole imporrei propri valori, definendoli non negoziabili, può essere utile ricordare che il mondo cattolico non è riducibile alle gerarchie vaticane e a chi se ne fa portavoce. Nel 2008 la rivista dei gesuiti, Aggiornamenti sociali, ha pubblicato una serie di scritti sulle unioni omosessuali, con i quali si può dissentire su alcuni punti, ma che prospettano una conclusione assai impegnativa.
Al politico cattolico si dice che «non spetta al legislatore indagare in che modo la relazione viene vissuta sotto altro profilo che non sia quello impegnativo dell’ assunzione pubblica della cura e della promozione dell’ altro». E si sottolinea che, una volta riconosciuto il valore sociale della convivenza, «risulterebbe contrario al principio di eguaglianza escludere dalle garanzie certi tipi di convivenze, segnatamente quelle tra persone dello stesso sesso». Poiché si tratta di diritti fondamentali della persona, il riconoscimento «è istanza morale prima che garanzia costituzionale». Non si potrebbe dire meglio. Ma si deve aggiungere che nessuno può disinteressarsi di questo tema considerandolo affare di altri. Intervistata dal New York Times, Martha Nussbaum ha detto: «Se mi risposerò, sarò preoccupata del fatto che sto godendo di un privilegio negato alle coppie dello stesso sesso». Anche la più intima tra le decisioni non può farci distogliere lo sguardo dal vivere in società, dalla condizione e dai diritti di ogni altra persona, lontana o vicina che sia.
venerdì 2 luglio 2010
IL COMITATO SULLE DICHIARAZIONI DI GIOVANARDI
UNITA' D'ITALIA MINACCIATA DALL'EVERSIONE
COSTITUZIONALE DI PDL E LEGA NORD
Maurizio Cecconi, portavoce del Comitato,
in merito alle dichiarazioni del Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Giovanardi.
"Il 15 Aprile scorso la Corte Costituzionale, con l'importante sentenza n. 138/2010, ha imposto il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali. Chiarissime, in questo senso, le parole della Corte: "Per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri". Le dichiarazioni del Sottosegretario Giovanardi sono da considerarsi, dunque, come parole a vanvera", così Maurizio Cecconi, portavoce del Comitato, che conclude: "A minacciare l'unità della Repubblica Italiana è l'impunita eversione costituzionale del PDL e della Lega Nord. Chi, come Giovanardi, guida le Istituzioni senza conoscere le sentenze del nostro massimo organo di garanzia, è un pericoloso ubriaco al volante del Paese".
Maurizio Cecconi
+39 349 808 48 99
Comitato "Sì, lo voglio!"
per il riconoscimento del diritto
al matrimonio civile alle persone omosessuali
Comunicato stampa
Venerdì 02 Luglio 2010